❓D: Come ha inciso la pandemia sul lavoro del Centro
Antiviolenza?
La nostra Associazione è
sempre stata attiva anche nel periodo della pandemia e, come sempre,
a disposizione delle donne che subiscono violenza. Hanno contattato
il Centro Antiviolenza sia donne già conosciute in precedenza che
nuove utenti e se anche le richieste di aiuto in una prima fase sono
sembrate rallentate, la verità è che non si sono mai fermate.
Per il Covid-19 ci siamo
trovate ad operare in un modo diverso: abbiamo dovuto sospendere i
colloqui in presenza e abbiamo potenziato l’ascolto telefonico. Le
operatrici, le consulenti legali e le psicologhe sono state comunque
sempre attente ai bisogni delle donne e hanno risposto sempre alle
loro richieste. È da
sottolineare che nel periodo del lockdown la convivenza forzata e
prolungata in spazi anche ristretti, la poca possibilità di uscire,
le preoccupazioni economiche (abitative e lavorative) hanno
accentuato la violenza domestica (fisica, psicologica, economica) e
la violenza assistita per i bambini e per le bambine dove era già
presente.
In questo periodo così particolare è stato svolto un grande lavoro
di rete con le Forze dell’Ordine e i Servizi Sociali per tutelare
le donne e per far sì che i loro percorsi di autonomia potessero
proseguire o partire il prima possibile.
Anche il lavoro in Casa Rifugio è continuato anche se con modalità
non in presenza. Abbiamo dotato la Casa Rifugio di un computer che ha
consentito ai bambini di svolgere la didattica a distanza ed alle
madri di parlare a lungo con le operatrici di tutte le problematiche
che il periodo ha presentato.
❓D: Avete registrato un incremento della vulnerabilità delle
donne durante il lockdown, costrette a stare chiuse in casa con
compagno/marito violento? Quale protezione è stata possibile mettere
in atto per loro?
Le donne durante il lockdown sono state messe molto alla prova. Si
sono sentite ancora più impotenti poiché, con la chiusura dei
tribunali, era molto difficile decidere di separarsi in una
situazione di assoluta incertezza abitativa e lavorativa. La
comunicazione è stata un veicolo importante che ha potuto aiutarle
nella maniera più adeguata a prendere decisioni che in alcuni casi
erano state per anni rimandate.
Nel mese di marzo vi sono state poche richieste con la presenza di un
solo minore. Nel mese di aprile vi sono state ben nove richieste di
aiuto con la presenza di sei minori. Nei mesi di maggio e di giugno
le richieste sono continuate a salire con la presenza di 11 minori.
Vi sono stati anche dei casi in cui è stato necessario
l’allontanamento dei nuclei dalla casa di famiglia.
In tutte queste situazioni il centro antiviolenza ha sempre sostenuto
le donne con un ascolto attivo potenziando le loro risorse personali.
Ha incrementato la loro capacità di leggere la violenza fornendo
nuove chiavi di lettura per arginare i comportamenti violenti pur,
talvolta, rimanendo costrette nello spazio di convivenza.
❓D: Che conseguenze subiscono bambine e bambini che assistono
per anni a episodi di violenza? Perché per loro ancora di più è
importante la riapertura della scuola e il ritorno al contatto con
persone al di fuori del loro nucleo familiare?
Cerchiamo prima di tutto di capire bene cosa si intende per violenza
assistita citando un documento del CISMAI dal titolo “Requisiti
minimi degli interventi nei casi di violenza assistita da
maltrattamento sulle madri”. Per violenza
assistita intrafamiliare si
intende l’esperire da parte della/del bambina/o e adolescente
qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di
violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e atti
persecutori (c.d. stalking) su figure di riferimento o su altre
figure affettivamente significative, adulte o minorenni. Questa
è la seconda forma di violenza più diffusa nel nostro paese e ha
gravi conseguenze sul piano fisico, psicologico, cognitivo, emotivo e
comportamentale. I/le minori vittima di violenza assistita
vivono alcune specifiche emozioni: la paura, l’orrore, l’impotenza,
la vergogna, l’umiliazione, la rabbia, la sfiducia: tutto questo
spesso condiziona l’inserimento scolastico, il rapporto con gli
adulti e con i compagni. La scuola, seconda
agenzia di socializzazione dopo la famiglia, ha il compito di
rilevare e contrastare la violenza e gli/le insegnanti diventano
adulti/adulte di riferimento che monitorano i disagi e che supportano
ed incentivano la socializzazione stimolando il confronto con gli
altri.
Anche la frequenza di attività sportive è
molto importante per conoscere meglio sé stessi e stare insieme al
gruppo dei pari.
Tutto questo è ancora più rilevante per i
bambini/le bambine che si trovano a vivere in Casa Rifugio. Questi/e
minori per proteggersi dalle violenze di un padre maltrattante hanno
infatti dovuto subire un allontanamento dal loro ambiente
familiare, dagli amici, dalla scuola, vivendo così sulla propria
pelle un’ulteriore ingiustizia e abuso.
La riapertura dei centri estivi, seppur a nostro parere troppo
tardiva, si è presentata sicuramente come una grande risorsa per i
bambini e per le bambine vittime di violenza e ha permesso loro di
riappropriarsi di importanti contesti di socializzazione. Questa
riapertura ha consentito anche alle madri di interrompere il lavoro
di cura imposto dal lockdown e di dedicarsi con più continuità al
lavoro e ai percorsi di uscita dalla violenza.
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