Hai figli minori? Questo documento del CISMAI (Coordinamento Italiano Servizi Maltrattamento all'Infanzia) potrebbe interessarti:
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Premessa e intenti
Il documento parte dalla definizione di violenza assistita già
assunta dal CISMAI ( 2005), indicando quindi
i requisiti minimi degli interventi relativamente alle fasi della
rilevazione, protezione, valutazione, trattamento,
anche in linea con quanto indicato dalla Convenzione del Consiglio
d’Europa sulla prevenzione e
la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la
violenza domestica, c.d. Convenzione di Istanbul,
sottoscritta dall’Italia il 27 settembre 2012 e ratificata dal
Parlamento con la legge n. 77/2013, entrata in
vigore il 1 agosto 2014.1 -
2 - 3
Questa revisione enuclea i principali elementi su cui porre
attenzione nell’impostazione degli interventi a
favore dei bambini e delle bambine vittime di violenza assistita
da maltrattamento sulle madri.
Sono da includere quei casi, rari per l’incidenza, in cui il/la
minorenne ha assistito direttamente o indirettamente
all’omicidio della madre e/o di altri familiari o all’omicidio/suicidio
da parte del padre.
Sottolinea comunque la necessità della presa in carico anche delle
altre tipologie di Violenza Assistita a
danno dei/delle minorenni, in particolare della Violenza Assistita
da abuso e maltrattamenti sui fratelli e
sulle sorelle.
DEFINIZIONE
Per violenza assistita intrafamiliare si
intende l’esperire da parte della/del bambina/o e adolescente qualsiasi
forma di maltrattamento compiuto attraverso
atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica
e atti persecutori (c.d. stalking) su figure
di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o
minorenni.
Di particolare gravità è la condizione degli
orfani denominati speciali, vittime di violenza assistita da
omicidio, omicidi plurimi, omicidio-suicidio.
Il/la bambino/a o l’adolescente può farne esperienza direttamente
(quando la violenza/omicidio avviene nel suo
campo percettivo), indirettamente (quando il/la minorenne è o
viene a conoscenza della violenza/omicidio),
e/o percependone gli effetti acuti e cronici, fisici e psicologici. La
violenza assistita include l’assistere a
violenze di minorenni su altri minorenni e/o su altri membri della famiglia
e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni
degli animali domestici e da allevamento.
La violenza sulle donne è un fenomeno
diffuso, ancora sottovalutato e scarsamente rilevato, che può mettere a
rischio, a partire dalle prime fasi della
gravidanza, la salute psico-fisica e la vita stessa, sia delle madri che dei
figli.
2.
Il coinvolgimento dei bambini nella violenza
domestica può avvenire non solo durante la convivenza dei genitori,
ma anche nella fase di separazione e dopo la
separazione stessa. Queste ultime due fasi sono particolarmente
a rischio per il coinvolgimento dei figli da
parte del padre/partner violento, il quale può utilizzare i bambini
come strumento per reiterare i maltrattamenti
sulla madre e per continuare a controllarla. Inoltre in queste fasi
aumenta il rischio di escalation della
violenza e la possibilità di un esito letale (omicidio della madre, omicidi
plurimi, omicidio-suicidio).
Le dinamiche della violenza domestica
interferiscono sulla relazione con i figli, alterando l’espressione delle
funzioni genitoriali della madre e del padre
maltrattante e i modelli di attaccamento.
VIOLENZA ASSISTITA DA
MALTRATTAMENTO SULLE MADRI
Una madre maltrattata è una donna che subisce/ha subito
traumatizzazioni in genere croniche.
La violenza, soprattutto se protratta nel tempo (traumatizzazione
cronica), oltre a danni fisici, può produrre
una vasta gamma di sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali,
somatici , fino a determinare quadri
sindromici complessi, per i quali sono state proposte dagli autori
diverse classificazioni, quali disturbo
post traumatico da stress complesso e DESNOS (Herman, 1992, van
der Kolk, 2005). Nel DSM V sono
inseriti nell’area nosografica dei “Disturbi correlati a stress e
trauma” (Disturbo post traumatico da stress,
Disturbo Acuto da Stress, Disturbo dell’Adattamento, il Disturbo
Reattivo dell’Attaccamento, il Disturbo
da coinvolgimento Sociale Disinibito).
La violenza domestica, in misura diversa a seconda della sua
gravità, danneggia le competenze genitoriali,
influenzando fortemente la relazione con figlie e figli.
La violenza assistita è una forma di maltrattamento che può
determinare nelle/nei bambine/i e adolescenti
effetti dannosi, a breve, medio e lungo termine, che investono le
varie aree di funzionamento,
psicologico, emotivo, relazionale, cognitivo, comportamentale e
sociale. Si possono configurare diversi
quadri diagnostici acuti o cronici a origine post traumatica, con
diversi tempi di insorgenza.
L’intensità e la qualità degli esiti dannosi sulle/sui minorenni
derivano dal bilancio tra i fattori di rischio e di
protezione, quali :
• età e genere.
• condizioni personali e ambientali precedenti;
• caratteristiche delle violenze a cui i bambini assistono
(frequenza, precocità, durata, gravità degli atti);
• presenza di altre forme di maltrattamento e di altri eventi
traumatici
• modalità di coping più o meno sviluppate ed efficaci, sia da
parte della madre che da parte dei/delle bambini/
e; resilienza
• livello di coinvolgimento diretto dei/delle bambini/e e
adolescenti nel maltrattamento (come coautori
delle violenze, come ostaggi, come oggetto di minacce a scopo di
ricatto, intimidazione, pressione
psicologica nei confronti della partner, eccetera);
• fattori socio-culturali, tra cui le norme e i modelli di genere
maschili e femminili
• presenza o meno di reti informali e formali supportive e la
qualità degli interventi attivati.
3.
Durante gli episodi di aggressione sulla madre, aumenta il rischio
di violenza diretta su bambine e bambini.
Il rischio è ancor più elevato nei casi di omicidio della madre.
in presenza dei figli: oltre a subire un gravissimo
danno psicologico, essi sono a rischio di lesioni fisiche anche
letali.
Inoltre la violenza assistita rappresenta un fattore di rischio
per altre forme di vittimizzazione a danno dei/
delle minorenni (quali trascuratezza, maltrattamento psicologico,
maltrattamento fisico, abuso sessuale)
e per la trasmissione intergenerazionale della violenza.
Sono pertanto necessari precoci ed adeguati interventi di
rilevazione, protezione, valutazione e trattamento.
L’INTERVENTO
La violenza assistita richiede che gli operatori mettano in atto
interventi di presa in carico che si articolano
in fasi/funzioni operative tra loro logicamente interconnesse e
ricorsive nel tempo: rilevazione, protezione,
valutazione, trattamento, monitoraggio e follow up.
Riveste particolare importanza, sin dalla fase di rilevazione e
per tutto il percorso di presa in carico, la
necessità di un coordinamento e una integrazione fra i Servizi e
le organizzazioni che si occupano degli
adulti e i Servizi e le Organizzazioni che si occupano dei
minorenni, inclusi i Centri Antiviolenza e le Case
Rifugio, per evitare interventi contraddittori e frammentati.
Sono pertanto indispensabili programmi articolati di prevenzione,
sensibilizzazione e formazione.
A. Rilevazione
Perché sia possibile la rilevazione della violenza assistita è
fondamentale che gli operatori abbiano imparato
a riconoscere la violenza maschile contro le donne nella sua
dimensione strutturale e nella sua
capillare diffusione. Siano cioè in grado di “vedere” una
dimensione ancora sottovalutata e/o negata.
La rilevazione consiste:
• nella rilevazione della presenza di figlie e figli nelle
situazioni di violenza domestica
• nell’individuazione dei segnali di malessere delle/dei
minorenni.
È una fase che vede coinvolti gli operatori dei servizi sia per
le/i minorenni che per gli adulti, appartenenti
ai settori sociale, sanitario, educativo e giuridico, dato che è
necessaria un’attenzione multidisciplinare e
multicontestuale, in collaborazione con i Centri Antiviolenza.
I casi di violenza assistita possono presentarsi agli operatori
come richiesta diretta di aiuto per la violenza
o in forma mascherata con altre motivazioni o su segnalazione di
terzi. Le situazioni possono presentare
caratteristiche diverse rispetto all’urgenza e alla gravità.
È indispensabile distinguere le situazioni conflittuali (senza
negare i danni, che da queste possono derivare
a bambini e bambine) dalle situazioni di violenza e maltrattamento,
evitando di identificare come
conflitto o litigi tra partner situazioni dove avvengono atti e/o
comportamenti maltrattanti e violenti
sulla madre, anche gravi e reiterati.
4.
La mancata rilevazione e l’assenza di una descrizione puntuale dei
fatti da parte degli operatori ostacolano
la protezione fisica e mentale, colludendo con errate o
minimizzanti letture degli eventi e con la
sottovalutazione dell’impatto sulle madri e su figlie e figli
testimoni.
Nei casi di violenza assistita da maltrattamento sulla madre, la
fase di rilevazione deve comprendere una
tempestiva valutazione del grado di rischio e della pericolosità/letalità
fisica e/o mentale per le/i bambine/
i che vi assistono, ai fini dell’attivazione di interventi
protettivi e riparativi adeguati.
Fin dai primi momenti è necessario tenere conto del grado di
pericolosità della situazione al fine di non
compiere passi che aumentino il rischio rispetto all’incolumità
fisica, psichica e al pericolo di vita.
La valutazione del rischio e della pericolosità/letalità connessa
a situazioni di violenza dipende dalla effettiva
rilevazione dell’insieme degli indicatori che possono
caratterizzare i diversi casi:
1. Indicatori relativi alla tipologia, caratteristiche e dinamiche
degli atti di violenza fisica, verbale, psicologica,
economica, sessuale, atti persecutori (c.d. stalking) e al periodo
di insorgenza del maltrattamento
2. Indicatori comportamentali, psicologici, sociali e relativi
allo stato di salute psico-fisica della madre,
del maltrattante, delle/dei minorenni testimoni di violenza
3. Indicatori relativi alla presenza di fattori di rischio nel
contesto familiare e sociale
4. Indicatori relativi ai fattori protettivi individuali,
familiari e sociali e alle risorse che possono essere
attivate e rafforzate ai fini della protezione del minorenne.
A.1 Raccomandazioni
• Effettuare una rilevazione precoce delle situazioni di rischio
per evitare danni iatrogeni.
• Discriminare con accuratezza le condizioni di alta conflittualità
dalle situazioni di violenza.
• Procedere a una descrizione accurata dei fatti riportati dalla
donna o da terzi.
• Effettuare una tempestiva valutazione del grado di rischio e
pericolosità/ letalità attraverso l’utilizzo
di strumenti standardizzati al fine della rilevazione del rischio,
dell’escalation della violenza e della
recidiva (SARA-SARA Plus, SURPLUS4).
• Compiere una attenta valutazione dello stato psico-fisico del
bambino e della bambina, anche in assenza
di informazioni da parte dei genitori.
B. Protezione
Proteggere i minorenni vittime di violenza assistita e garantire
loro il diritto alla salute fisica e psicologica, significa
in primo luogo interrompere la violenza in tutte le sue forme nei
confronti della madre che la subisce.
Come sottolineato negli altri documenti CISMAI, la protezione
delle/dei bambini e delle loro madri è un prerequisito
fondamentale per approfondimenti valutativi e per la progettazione
e l’attuazione di interventi riparativi.
I tempi e le modalità degli interventi di protezione, compresi nei
percorsi giudiziari, devono rispettare le
esigenze dei minori in relazione al loro benessere psicofisico, e
il loro superiore interesse.
L’interruzione della violenza, a cui il bambino assiste, va
attuata attraverso la messa in atto di interventi di
protezione e vigilanza adeguati alla gravità della situazione, in
termini di tempestività, efficacia e durata.
Tali interventi saranno realizzati mediante l’attivazione dei
Servizi, dei Centri Antiviolenza e delle Istituzioni
preposte, anche attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria,
secondo quanto previsto dalla legge.
La protezione implica che nel disciplinare l’affidamento dei/delle
figlie/figli e le eventuali modalità di visita sia presa
in considerazione e non sottovalutata la presenza di violenza, e
che non siano in nessun modo compromessi
i diritti e la sicurezza della vittima e delle/dei
bambini/adolescenti (Convenzione di Istanbul, articolo 315) fino a
valutare l’eventuale necessità di ricorrere alla sospensione
ovvero decadenza della responsabilità genitoriale del
maltrattante (Convenzione di Istanbul, articolo 456).
Ne consegue la necessità dell’esclusione dell’affido condiviso nei
casi di violenza assistita, così come anche
previsto dalla normativa vigente.
Nel caso degli orfani speciali, si deve escludere l’affidamento ai
parenti del perpetratore.
Particolare attenzione va posta all’opportunità dell’attivazione e
della tempistica degli incontri protetti tra
vittime di violenza assistita e il padre che agisce violenza,
valutando attentamente il rischio psico-fisico
per i figli.
Gli incontri protetti, d’altra parte, non costituiscono in alcun
modo un intervento di valutazione e trattamento
della genitorialità del padre che ha agito violenza.
Gli incontri protetti devono essere subordinati alla precedente
valutazione delle condizioni del minorenne, e
attuati in maniera tale da garantire una effettiva protezione
fisica e psicologica per evitare ritraumatizzazioni
e vittimizzazioni secondarie.
Nei casi in cui si evidenzi il “rifiuto del figlio” a vedere il
padre, occorre valutare in prima istanza l’ipotesi che
esso sia dovuto alla paura conseguente all’aver subito e/o essere
stato testimone di violenza agita dal padre
stesso. Infatti, consapevoli che possano esservi anche situazioni
in cui un genitore manipola o condiziona
un figlio a danno dell’altro genitore, l’ipotesi di manipolazione
o condizionamento non deve essere supposta,
ma provata in base a evidenze ed a elementi obiettivi, e solo dopo
aver escluso l’esistenza di dinamiche
coercitive, maltrattanti -anche psicologicamente- e violente.
Attenta valutazione e monitoraggio sono necessari anche rispetto
all’opportunità o meno degli incontri
con i parenti del padre perpetratore, nel rispetto della salute
psico-fisica del/della minorenne.
B.1 Raccomandazioni
Considerato che in primo luogo è necessario assicurare una
protezione precoce e duratura:
• Gli operatori presenti agli incontri protetti devono avere una
formazione specifica ed adeguata, che
consenta loro di riconoscere e interrompere dinamiche violente,
anche psicologicamente, e manipolatorie.
• In caso di percorsi trattamentali nei Servizi per uomini che
agiscono maltrattamento, le procedure
concordate devono assicurare sempre la protezione fisica e mentale
dei bambini e delle loro madri,
in sinergia con gli interventi degli altri servizi e istituzioni
implicati e, a termine del trattamento, attraverso
regolari follow up.
6.
C. Valutazione
Nei casi di violenza assistita va effettuata una precoce, prima
valutazione medica e psicologica dei bambini.
Vanno anche rilevati eventuali altri tipi di maltrattamento da
loro subiti.
Si tratta di un percorso teso a valutare il quadro complessivo
della situazione traumatica nei suoi aspetti
individuali e relazionali e i processi di interazione in atto tra
fattori di rischio e di protezione. In particolare:
il grado di assunzione di responsabilità da parte degli adulti
coinvolti e le risorse protettive disponibili per
la/il minorenne sui tempi medio lunghi nel contesto degli adulti
di riferimento.
Nel caso di feminicidio in particolare, la valutazione non deve
essere limitata al momento dell’omicidio e ai
tempi immediatamente successivi. Essa richiede, da parte degli
operatori, una preparazione e un’esperienza
adeguate, che tengano conto della specificità dell’elaborazione
del lutto traumatico, determinato dalla
morte della madre ad opera del padre e delle implicazioni anche in
relazione al contesto familiare e sociale.
Per la gestione di questi casi è indispensabile una formazione e
competenze specifiche.
Nei casi di violenza assistita è necessario effettuare una
precoce, prima valutazione dello stato di salute
fisica e psicologica delle madri maltrattate.
Tale valutazione ha anche la finalità di individuare eventuali
fattori di vulnerabilità della donna, per i quali
sia necessaria l’implementazione delle attività e delle azioni
utili per la gestione del rischio.
Affinché venga riconosciuto il livello oggettivo di danno e di
rischio, di cui non sempre i protagonisti sono
coscienti e in grado di riferire, nella valutazione è indispensabile
tenere conto dei meccanismi di difesa
presenti in tutti i membri della famiglia: negazione,
minimizzazione, normalizzazione, razionalizzazione.
Nella valutazione della recuperabilità delle competenze
genitoriali, ai fini di una corretta diagnosi, prognosi
e trattamento, si devono tenere presenti i danni determinati dal
maltrattamento protratto, sia sotto il
profilo medico che psicologico, discriminando eventuali
problematiche di base o relative alla strutturazione
della personalità dalla sintomatologia post-traumatica e dagli
effetti della violenza.
Esiste infatti il rischio che l’esito sia una valutazione “fotografica”
che metta a fuoco prevalentemente le
inadeguatezze, senza ricondurle al danno da maltrattamento.
È necessario attuare programmi di valutazione dei maltrattanti,
compresa la valutazione della pericolosità-
letalità, del rischio di recidiva e della recuperabilità delle
competenze genitoriali, senza mai prescindere
dalla capacità di assunzione di responsabilità e di riconoscimento
del danno inflitto.
C.1 Raccomandazioni
• Gli operatori devono avvalersi di strumenti evidence-based per
la valutazione del trauma da violenza
assistita e del trauma specifico dei bambini che hanno assistito
all’omicidio delle proprie madri.
• Gli operatori devono avvalersi di strumenti evidence-based per
la valutazione della pericolosità e del
rischio di recidiva.
• È necessario integrare le informazioni raccolte dagli operatori
dei diversi servizi, al fine di evitare valutazioni
frammentate.
• Nella fase di valutazione gli operatori devono essere in grado
di riconoscere i propri meccanismi di
difesa, che potrebbero indurre a minimizzare o normalizzare la
lettura della violenza di genere.
D. Trattamento
È un percorso inserito nella cornice protettiva e valutativa sopra
descritta, che ne costituisce non tanto
la premessa quanto il primo passo indispensabile, anche al fine di
verificare le possibili evoluzioni e le
risorse che possono attivarsi.
Assistere alla violenza del padre nei confronti della madre non
solo crea confusione nel mondo interiore
dei bambini su ciò che è affetto, intimità, violenza, ma va anche
a minare il cuore delle relazioni primarie
e quindi lo sviluppo di un attaccamento sicuro.
I bambini vittime di violenza assistita necessitano di tempestivi
interventi riparativi mirati/specialistici a
livello individuale e della relazione madre-bambino, che saranno
autorizzati dall’Autorità Giudiziaria nei
casi il padre che ha agito violenza negherà il consenso necessario
ad attivarli, così come previsto dalla
legislazione vigente.
Il trattamento dei bambini vittime di VA. deve avere
caratteristiche di specificità adeguate agli effetti derivanti
da questo tipo di trauma, nelle sue diverse declinazioni.
Nello stesso tempo è di fondamentale importanza la cura degli
esiti post traumatici nella madre, al fine
della riparazione della relazione madre-bambino.
Il miglioramento della genitorialità del genitore autore di
violenza è subordinato al suo progresso nell’affrontare
la violenza da lui agita contro la partner. Ciò significa che egli
riconosca la violenza e la propria
responsabilità nell’agirla, nonché comprenda le conseguenze che
essa ha avuto e può avere, anche nel
futuro, sui figli.
Si lavorerà sulla riparazione della relazione padre- figlio, solo
dopo la valutazione diagnostica e prognostica
di entrambi e della loro relazione, tenendo conto, per quello che
riguarda i tempi di attuazione, delle fasi
del trattamento individuale (sia del/della bambino/a che del
genitore), affinché il lavoro con la diade non sia
causa di ulteriori danni per la/il figlia/o.
D.1 Orfani speciali
Nel caso degli “orfani speciali” lo stato traumatico e le
conseguenze psicopatologiche che ne possono derivare
sono particolarmente complessi. I bambini/adolescenti hanno perso
entrambi i riferimenti genitoriali
e spesso hanno assistito direttamente all’omicidio della madre o
ne hanno visto il cadavere. Il trattamento
deve assumere caratteristiche tali da rispondere alle necessità
particolari del minore e deve comprendere
i nuovi caregiver, a cui i bambini vengono affidati.
È importante che il minore venga accompagnato dal terapeuta con
continuità, e non solo nelle fasi iniziali,
sia nell’elaborazione del trauma che nelle varie tappe,
coordinando gli interventi con gli altri operatori.
• i meccanismi di negazione, minimizzazione, razionalizzazione,
stigmatizzazione verso la violenza intrafamiliare,
presenti a livello socio-culturale
E.2 Programmi di formazione specifica degli operatori su
• riconoscimento corretto delle situazioni di violenza di genere
per non confonderle con la ”conflittualità
familiare”e per evitare scelte operative inadeguate.
• la violenza domestica come fattore di rischio di maltrattamento
fisico, abuso sessuale, trascuratezza
sui figli;
• conoscenza degli effetti traumatici trasformativi della violenza
cronica nelle vittime e del danno alla
genitorialità nelle madri
• la gestione specifica dei casi di femminicidio, per intervenire
in maniera adeguata sugli orfani speciali
• conoscenza delle caratteristiche relazionali e genitoriali degli
aggressori domestici e delle loro diverse
tipologie
• gli interventi da attuare ai fini delle corrette metodiche di
rilevazione, protezione, valutazione e
trattamento.
• le conseguenze che possono derivare da interventi scorretti e
non coordinati, anche dal punto di
vista temporale.
• interventi complessi, coordinati fra le diverse agenzie del
territorio (Tribunali, Forze dell’ordine, Servizi
sociali e sanitari, Centri Antiviolenza, Centri di Tutela minori,
Settore educativo), conseguenti ad una
formazione interdisciplinare congiunta sulla specificità degli
interventi che riguardano questa casistica.
NOTE
1 - Convenzione di Istanbul -
Preambolo:
Riconoscendo che il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de
jure e de facto è un elemento chiave per prevenire
la violenza contro le donne;
Riconoscendo che la violenza contro le donne è una manifestazione
dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i
sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla
discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini
e impedito la loro piena emancipazione;
Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne,
in quanto basata sul genere, e riconoscendo altresì
che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali
cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette
in una posizione subordinata rispetto agli uomini;
[…]
Riconoscendo che i bambini sono vittime di violenza domestica
anche in quanto testimoni di violenze all’interno
della famiglia.
10
2 - Convenzione di Istanbul -
Articolo 3
L’espressione “violenza
nei confronti delle donne” intende
designare una violazione dei diritti umani e una forma
di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di
violenza fondati sul genere che provocano o sono
suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica,
sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce
di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria
della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.
L’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di
violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si
verificano all’interno della famiglia o del nucleo famigliare o
tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente
dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la
stessa residenza con la vittima.
3 - Convenzione di Istanbul -
Articolo 26 - Protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza
1. Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo
necessarie per garantire che siano debitamente presi in
considerazione, nell’ambito dei servizi di protezione e di
supporto alle vittime, i diritti e i bisogni dei bambini testimoni
di ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione
della presente Convenzione.
2. Le misure adottate conformemente al presente articolo
comprendono le consulenze psico-sociali adattate all’età
dei bambini testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel
campo di applicazione della presente Convenzione e
tengono debitamente conto dell’interesse superiore del minore
4 A.C. Baldry, “Linee guida per gli Special Orfhans” (2016)
5 - Convenzione di Istanbul -
Articolo 31 - Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza
1. Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie
per garantire che, al momento di determinare i diritti
di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione
gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione
della presente Convenzione.
2. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo
necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di
custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della
vittima o dei bambini.
6 - Convenzione di Istanbul -
Articolo 45 - Sanzioni e misure repressive
1. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo
necessarie per garantire che i reati stabiliti conformemente
alla presente Convenzione siano punibili con sanzioni efficaci,
proporzionate e dissuasive, che tengano conto della
loro gravità. Tali sanzioni includono, se del caso, pene privative
della libertà e che possono comportare l’estradizione.
2 . Le Parti possono adottare altre misure nei confronti degli
autori dei reati, quali: – il monitoraggio, o la sorveglianza
della persona condannata; – la privazione della potestà
genitoriale, se l’interesse superiore del bambino, che può
comprendere la
sicurezza della vittima, non può essere garantito in nessun altro modo.
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